Presentato alla Settimana Internazionale della Critica durante l’82esima Mostra del Cinema di Venezia, il cortometraggio “Festa in famiglia” affronta il tema delicato delle molestie sessuali e dell’omertà all’interno di una famiglia marocchina. Diretto da Nadir Taji, il film si inserisce nel panorama cinematografico come un’opera che, pur radicata nella cultura specifica, mira a comunicare un messaggio universale sulla violenza, la difficoltà di parlare di certi tabù e il circolo vizioso di silenzio che spesso accompagna queste tragedie silenziose.
Nel corso dell’intervista, Taji ha spiegato come la sua scelta di ambientare il cortometraggio in una famiglia marocchina derivi anche da uno stretto legame personale e culturale con questa realtà. Tuttavia, l’obiettivo principale è di rendere il messaggio accessibile a tutti, al di là delle differenze culturali. “È un argomento spinoso, ma spero che il film possa arrivare dal punto di vista universale”, ha affermato il regista, sottolineando che il suo intento non è di condannare, bensì di esplorare le origini di questo circolo di violenza e di silenzio.
Aiman Machhour, interprete del cortometraggio, ha condiviso le sue impressioni sul ruolo e sulla sfida di interpretare un personaggio complesso e difficile. La sua maggior paura iniziale si è stemperata grazie alla professionalità del regista e alla stretta collaborazione con il team. Mashur ha anche enfatizzato l’importanza di raccontare la cultura marocchina con coraggio, avendo trovato in Nadir Taji un regista che condivide questa volontà di narrare le proprie radici attraverso il cinema.
Un aspetto cruciale del film riguarda le scelte di rappresentazione della violenza. Taji ha spiegato di aver adottato un approccio molto tecnico per evitare la pornografia della violenza: mostrare il minimo indispensabile per comunicare l’emozione senza scadere nell’eccesso. “È importante non annoiare lo spettatore o banalizzare il gesto, quindi ho deciso di limitare gli elementi più crudi e di usare le inquadrature in modo da suggerire più che mostrare”, ha evidenziato.
Festa in famiglia si distingue anche per la capacità di presentare i diversi protagonisti senza pietismo o accusatori, creando un racconto che invita alla riflessione. La narrazione alterna punti di vista diversi, mantenendo un tono delicato e rispettoso, senza mai cadere nel giudizio. Secondo Taji, il film lascia aperti molti interrogativi insiti nella vicenda, evocando l’idea che in una realtà più lunga e complessa, queste dinamiche tendono a sfociare in un’esplosione quando il tempo e le circostanze lo permettono.
Pur mantenendo una certa ambiguità finale, Taji immagina che la storia possa continuare, sottolineando un ciclo di violenza che si ripropone e si prolunga nel tempo, spesso celato dietro gli eventi quotidiani. “Il finale del cortometraggio mostra una risoluzione inevitabile, che comunque arriverà, perché tutti la stanno aspettando”, ha concluso.
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