Alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia, FRED Film Radio ha intervistato il regista Tsai Ming-liang per parlare di “Back Home”, film presentato Fuori Concorso.
“Back Home” è un film senza sceneggiatura, con dialoghi ridotti al minimo e senza accompagnamento musicale. Questo costringe lo spettatore a concentrarsi sul suono e su ciò che il registra mostra in inquadrature statiche. “Negli ultimi 10 anni non ho più fatto film di finzione, concentrandomi completamente sulle immagini”, spiega Tsai Ming-liang. “Back Home, in effetti, è molto particolare perché è tutto racchiuso nelle immagini dove c’è c’ho che ho visto e sperimentato. Anche nei pochi dialoghi che ci sono non ho voluto mettere sottotitoli. Ho voluto dare la possibilità al pubblico di concentrarsi soltanto sul senso della vista”.
Nel corso di “Back Home”, il regista si sofferma sull’inquadrare molte abitazioni diroccate e disabitate di influenze architettoniche differenti incontrare nel corso del suo viaggio. Cosa raccontano queste costruzioni del Laos? “Le trovo molto belle”, ammette Tsai Ming-liang. “Spesso sono case non finite o abbandonate. Dal Laos molti emigrano e lavorano facendo manovalanza. Quando guadagnano abbastanza tornato nel loro Paese ristrutturano queste abitazioni con delle tecniche che ormai si vedono solo in quel tipo di contesto”.
La scelta del regista di sviluppare un suo cinema chiamato “Hand-sculpted Cinema” lo ha messo di fronte la difficoltà di trovare finanziatori per i suoi film? “Non ho scelto di smettere di fare film di finzione perché faticavo a trovare finanziamenti, ma perché mi sono annoiato di un sistema ripetitivo industrializzato”, sottolinea Tsai Ming-liang. “Mi sono voluto sottrarre a una struttura di rigidità, dove tante sceneggiature sono scritte per compiacere i finanziatori e il pubblico a discapito della creatività. Ho voluto fare cose più semplici per poter concentrarmi sulle immagini”.
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